Giornale di Cardiologia dello Sport

 
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Il "Giornale di Cardiologia dello Sport" (Journal of Sports Cardiology) è la rivista ufficiale della Società Italiana di Cardiologia dello Sport (www.sicsport.it).
Il direttore è il dott. Pietro Delise, assistenti di redazione: Giuseppe Allocca, Arianna Cati, Monica Centa, Sonia Cukon Buttignoni, Andrea Pavei e Nadir Sitta.
La rivista esce semestralmente con due numeri all’anno e viene inviata automaticamente a tutti gli iscritti alla Società Italiana di Cardiologia dello Sport (Sic Sport).
I non soci possono abbonarsi prendendo contatti con la casa editrice CESI (tel.: 06 44.290.783, e-mail:  cesiedizioni@cesiedizioni.com).
La rivista affronta tematiche legate alle possibili patologie cardiologiche degli sportivi e alle loro conseguenze in rapporto alla attività  sportiva.
Su questi temi vengono pubblicati editoriali, lavori originali, sintesi di lavori internazionali, casi clinici.




SELEZIONE DI ARTICOLI


Giornale di Cardiologia dello Sport
Vol. 11, n.1-2 Gennaio/Dicembre 2014

Editoriale.
Certificato di idoneita’ allo sport non agonistico. Le buone intenzioni della politica ma, come sempre , la solita confusione.
Pietro Delise

In agosto 2014 il Ministero della Salute ha pubblicato un decreto legge sulla idoneita’ allo sport non agonistico.
Voglio essere ottimista nel pensare che lo Stato, prendendo atto dei buoni risultati  della legge del 1982 che e’ servita a proteggere gli sportivi agonisti dai rischi potenziali dello sport (compresa la morte improvvisa)  abbia voluto estendere questo ombrello protettivo anche a chi fa sport a livello non agonistico.
Al di la’ delle buone intenzioni il risultato e’ stato deludente  perche’ ha scatenato il caos. Il decreto e’ scritto in uno  stile misto burocratese/politichese, con allegati incompleti e frasi ambigue,  per cui alla fine ci si capisce poco o nulla.
Medici di tutte le estrazioni (medici dello sport, medici di famiglia, pediatri ecc. ), tutti coinvolti in quanto potenziali prescrittori,  sono insorti scrivendo critiche feroci nei mass-media. Nei congressi specialistici se ne sono sentite di tutti i colori: ognuno ha letto il decreto a modo suo e spesso con ampie divergenze tra gli uni e gli altri.
Lo sport non agonistico e’ stato confuso con quello amatoriale o ricreativo cosi’ come con l’attivita’ di palestra. Mettendo in crisi medici e potenziali sportivi, a molti dei quali e’ passata la voglia di mettersi un paio di mutandoni e correre allegramente dietro a un pallone o anche solo di fare un po’ di ginnastica.
Perche’ in Italia ci facciamo sempre riconoscere?
Il motivo, secondo la mia discutibilissima opinione personale, e’ che in Italia i decisori politici hanno ormai l’abitudine di legiferare su temi di cui capiscono poco o niente senza fare riferimento alle organizzazioni specialistiche. Mentre negli Stati Uniti al governo non passerebbe neanche per la testa di legiferare sulle malattie cardiovascolari senza consultare l’American Heart Association o l’American College of Cardiology, in Italia si fanno le leggi sulla tutela della salute nello sport senza coinvolgere pesantemente le associazioni di categoria   (es. FMSI, Sic Sport ecc.) ma avvalendosi di consulenti medici scelti sulla base delle loro conoscenze personali.
Non penso che questa scelta sia fatta in buona fede. Penso al contrario che sia dettata dalla diffidenza verso le associazioni scientifiche nel sospetto di conflitti di interesse inconfessabili.  Meglio allora non ascoltarli e fare le cose in autonomia!
Peccato che in Italia ci siano tanti medici seri e onesti le cui conoscenze dovrebbero costituire una risorsa e non un peso da combattere. I risultati sarebbero sicuramente migliori.
Poiche’ io sono costretto nella professione quotidiana a fare i conti con la realta’ ed   essendo subissato da telefonate che mi chiedono chiarimenti su questo benedetto decreto, ho pensato di fare il punto della situazione pubblicandolo integralmente e facendo un commento finale.

Giornale di Cardiologia dello Sport

Vol. 11, n.1-2 Gennaio/Dicembre 2014


Interpretazione e commento del decreto

Pietro Delise

Il decreto di agosto 2014 del Ministero della Salute, malgrado la sua non semplicissima leggibilita’, e’ pero’ chiaro.
Per attivita’ sportive non agonistiche (in cui si richiede il ceritificato) si intendono quelle organizzate dal CONI o dalle Societa’ affiliate alle Federazioni Nazionali (che gia’ non rientrino nelle forme agonistiche), nonche’ quelle organizzate  dagli Organi Scolastici nell’ambito delle manifestazioni parascolastiche o dai Giochi sportivi studenteschi (i cosiddetti Giochi della Gioventu’) nelle fasi precedenti quelle nazionali. In pratica si tratta di manifestazioni sportive non competitive organizzate dalle citate Federazioni e quelle organizzate dalle scuole.
Pertanto, non rientrano in questo ambito le attivita’ sportive amatoriali, i tornei organizzati autonomamente da gruppi non affiliati alle Federazioni (es. CRAL aziendali, tornei canicolari ecc.) ne’ le attivita’ di palestra. Puo’ avvenire che in queste ultime situazioni gli organizzatori richiedano per propria iniziativa  il certificato, ma cio’ non e’ previsto dalla legge. Il motivo e’ evidente e cioe’ la volonta’ di declinare ogni responsabilita’ legalmente perseguibile. Che tuttavia in realta’ non esiste e che comunque prescinde dal certificato stesso.
La certificazione per lo sport non agonistico puo’ essere rilasciata dal medico di famiglia, dal pediatra o da medici iscritti alla Federazione Medico Sportiva Italiana (FMSI). Curiosamente tra i certificatori non rientrano i cardiologi. E questo e’ un aspetto non facile da capire, dato che i problemi piu’ gravi legati allo sport sono notoriamente proprio quelli cardiologici.
La certificazione deve basarsi anche su un elettrocardiogramma a riposo  (da sforzo dopo i 65 anni). Nel bambino e nell’adulto prima dei 60 anni basta un ecg “una tantum”, che deve essere invece annuale dopo i 60 anni.
Anche su questo punto esistono delle osservazioni che meritano di essere esternate. Se lo scopo della certificazione e’ di proteggere i potenziali cardiopatici dai rischi dello sport, nei soggetti con eta’ <35 anni c’e’ da chiedersi se un ecg una tantum raggiunga lo scopo. Infatti, e’ ben noto che le cardiomiopatie a rischio maggiore  (cardiomiopatia ipertrofica, cardiomiopatia aritmogena ecc.) non sono presenti alla nascita o nella fanciullezza ed essendo per loro natura evolutive possono non dare alcun segno fino a una certa eta’ (in genere fino ai 12-16 anni) per poi manifestarsi piu’ o meno apertamente.
Il controllo annuale negli ultrasessantenni appare al contrario razionale.
In conclusione, sperando di aver fatto un po’ di chiarezza, le cose stanno cosi’.
Malgrado il mio innato ottimismo, temo pero’ che la confusione continuera’.






Editoriale vol.10, n.1, 2013, pagg. 7-8


Prevenzione della morte improvvisa da sport: protezionismo statale all’italiana o liberismo all’americana?

Pietro Delise, U.O. di Cardiologia Ospedale di Conegliano

In Italia dal 1971 la Legge prevede che la tutela della salute dello sportivo agonista sia garantita dallo Stato. Come conseguenza l’idoneita’ allo sport e’ condizionata dalla emissione di un certificato da parte di un medico specialista in Medicina dello Sport. Il certificato e’ obbligatorio dopo i 12 anni e per tutte le discipline che rientrano nelle Federazioni Sportive affiliate al CONI.
Il comportamento del medico dello Sport,  e del cardiologo che generalmente lo affianca,  e’ guidato da precisi protocolli (COCIS) pubblicati dal 1995 che di fatto costituiscono un vincolo anche dal punto di vista medico-legale.
Negli Stati Uniti esistono delle linee guida analoghe alle nostre (Bethesda Conference) che hanno una funzione di indirizzo ma non sono vincolanti perche’ la certificazione medica non e’ richiesta e  di fatto ogni sportivo e’ libero di fare quello che crede senza condizionamenti assoluti.
Da cosa dipendono queste differenze?
Il motivo principale e’ che gli statunitensi mettono al centro del sistema l’individuo la cui liberta’ di scelta e l’autodeterminazione sono considerate un diritto irrinunciabile.
In Italia la prospettiva e’ diversa. Mentre al singolo cittadino non e’ vietato di fare liberamente sport nella sua vita privata, le cose cambiano se si tratta di sport agonistico. In Italia infatti lo sport agonistico viene espletato all’interno delle  Federazioni affiliate al CONI ed e’ considerato un evento pubblico,  e come tale soggetto a una regolamentazione. In tema di salute,  la regolamentazione  ha sia lo scopo di proteggere lo sportivo da eventi dannosi per esso stesso sia di evitare spettacoli emotivamente devastanti come la morte improvvisa o l’arresto cardiaco durante le competizioni ufficiali.
I due approcci hanno pro e contro.
Il piu’ significativo “pro” del modello americano e’ quello filosofico della liberta’ di autodeterminazione. Lampert in un recente lavoro sullo sport nei portatori di ICD (riportato in questo stesso numero della rivista)  lo dice chiaramente:  “i giovani con ICD soffrono il fatto di non sentirsi piu’ normali e la restrizione dello sport ne riduce la qualita’ della vita molto piu’ dell’esperienza dello shock. Solo  il paziente puo’ stabilire cosa e’ meglio per se stesso”.      
Il piu’ rilevante “pro” del modello italiano e’ che tutti gli atleti agonisti passano il setaccio dello screening che e’ in grado di svelare le malattie piu’ insidiose (come le cardiomiopatie e le malattie dei canali ionici) che spesso non danno sintomi o limitazioni fisiche prima di provocare la morte improvvisa.
Il piu’ importante “contro” del modello americano e’ che in assenza di uno screening obbligatorio diversi cardiopatici gareggiano senza sapere di esserlo. O, ancora peggio, cardiopatici noti mettono a repentaglio la propria vita in manifestazioni pubbliche.
L’obiezione degli americani su questo punto e’ che, malgrado i presupposti teorici,  l’incidenza di morte improvvisa negli Stati Uniti non sarebbe maggiore che in Italia, ma i dati sono troppo poco attendibili per giungere a conclusioni definitive. 
Il piu’ importante “contro” del modello italiano e’ il rischio della medicina difensiva. Infatti il medico sportivo ha una responsabilita’ legale e istintivamente tende a difendersi, dato il proliferare di  cause penali e civili contro i medici e i cardiologi dello sport.  Ne deriva la possibilita’ che alcuni medici possano avere un atteggiamento eccessivamente protettivo non tanto dello sportivo ma di se stessi.
E’ difficile dire quale modello sia migliore. Una cosa e’ pero’ certa: come emerge dalla letteratura (compreso il lavoro di V. Castelli pubblicato in questo numero della rivista) nel nostro Paese la morte improvvisa colpisce raramente gli sportivi iscritti alle federazioni, specie se di alto livello. La maggioranza delle tragedie avvengono negli sportivi di minor livello impegnati in manifestazioni dilettantistiche. Ed e’ soprattutto in questo settore dove c’e’ bisogno di intervenire attraverso campagne informative e l’induzione di una cultura della prevenzione su base individuale non necessariamente finanziata dallo Stato.




Vol.9, n.2

L’elettrocardiogramma dell’atleta sano

Pietro Delise


In passato, per anni, si e’ diffuso il luogo comune che l’elettrocardiogramma dell’atleta fosse molto diverso dal sedentario come conseguenza del rimodellamento cardiaco indotto dall’attivita’ fisica intensa (cuore d’atleta). Venivano accettate come fisiologiche anche alterazioni vistose del QRS e dell’ST-T che  in un soggetto non dedito allo sport  sarebbero state classificate come chiaramente patologiche.  Di tale opinione rimangono alcuni autori statunitensi (1),  che per tale motivo sostengono che l’ECG e’ poco utile nello screening degli atleti, a causa di un numero elevato di falsi positivi. Cioe’ di alterazioni di soggetti con ECG anomalo indistinguibile da quello di diverse cardiopatie.
Su questo punto si e’ aperto un dibattito internazionale che tuttora continua.
Infatti molti lavori sostengono il contrario e cioe’ che l’ECG dell’atleta puo’ avere delle alterazioni fisiologiche che lo distinguono da quello del sedentario, ma che le alterazioni piu’ eclatanti sono rare e spesso legate a una patologia latente o manifesta.  

In particolare alcuni lavori italiani (2,3)   hanno dimostrato che nella maggioranza dei casi l’ ECG dell’atleta  non e’ sostanzialmente diverso da quello del sedentario. Negli altri casi invece esistono alterazioni classificabili in due categorie :

1) Gruppo 1 (comuni): bradicardia sinusale, BAV I° grado, BBD incompleto o notch sul QRS in V1, ripolarizzazione precoce e  incremento isolato dei voltaggi del QRS ;
2) Gruppo 2 (non comuni,  <5%): inversioni delle onde T, sottoslivellamento del tratto ST, onde Q patologiche, dilatazione dell’atrio sx, deviazione assile sx/EAS, deviazione assiale dx/EPS, ipertrofia Vdx, QT lungo o corto, alterazioni tipo Brugada, tachicardie ventricolari, BBD o BBS completo . La prevalenza di queste alterazioni e’ riportata nella tabella 1.

Tabella 1. Prevalenza delle alterazioni ecg nell’atleta riscontrate allo screening pre-agonistico.


n.
Prevalenza
Totale popolazione sottoposta a screening
32652
100 %
n. atleti con alterazioni ecg (tipo 1 e tipo 2)
3853
11.8 %
Alterazioni aspecifiche: BAV di I° grado,  rSr’ in V1, ripolarizzazione precoce
2280
7 %
Aumento di voltaggio del QRS
247
0.8 %
BBD
351
1 %
EAS
162
0.5 %
BBS
19
0.1 %
WPW
42
0.1 %
T neg.ve precordiali (oltre V1) e/o periferiche
751
2.3 %
QT lungo
1
0.003 %


Le alterazioni del gruppo 1 si osservano soprattutto negli sportivi che praticano sport aerobici ad alta intensita’ e in genere non sono fonte di dubbi diagnostici. Fa eccezione la ripolarizzazione precoce nelle derivazioni infero-laterali quando si associa a un notch terminale del QRS o a un’onda J. Di questo problema si parla in questo stesso numero del giornale, cui si rimanda.

I problemi maggiori si presentano invece per le alterazioni del gruppo 2 che possono essere varianti normali o al contrario legate a patologie anche gravi.
Un esempio e’ rappresentato dalle onde T negative nelle derivazioni precordiali . Per anni si e’ ritenuto che la T negativa nelle derivazioni V1-V4 fosse un rilievo comune e di regola benigno nel giovane (juvenile pattern). Studi piu’ recenti (4) sembrano dimostrare al contrario che  l’inversione dell’onda T nelle derivazioni V1-V2  estese o meno a V3-V4 , mentre e’ comune nel bambino in eta’ prepubere  e’ invece molto rara dopo i 14 anni dopo lo sviluppo. L’inversione dell’onda T nelle derivazioni V4-V6 e/o nelle derivazioni periferiche e’ ancora piu’ rara.
In tutti questi casi le alterazioni ECG possono essere legate a cardiomiopatie come la malattia aritmogena del ventricolo destro, la cardiomiopatia ipertrofica ecc.
Essendo la malattia evolutiva in ambedue le condizioni, la diagnosi puo’ essere difficile sia perche’ la malattia puo’ essere fenotipicamente in fase iniziale,  e dare alterazioni morfofunzionali modeste,  sia perche’ le alterazioni ECG possono addirittura precedere nel tempo le alterazioni anatomiche che possono inizialmente mancare del tutto nelle metodiche di imaging . Ad esempio A. Pelliccia e coll. in uno studio prospettico eseguito in 81 atleti sani  con alterazioni vistose dell’onda (T negativa in  3 o piu’ derivazioni) ha dimostrato che a distanza in media di  9 anni circa il 13% sviluppa una cardiomiopatia o altre patologie cardiologiche. 
Infine un problema rilevante ed emergente e’ costituito dalle alterazioni a volte eclatanti che si possono osservare negli atleti di colore nei quali la diagnosi differenziale con le alterazioni patologiche puo’ essere difficile se non impossibile. Il problema e’ stato sollevato diversi anni fa da Nagalski e coll che hanno dimostrato che esiste una differenza razziale tra bianchi e neri per cui gli atleti neri sani presentano in circa il 30% dei casi alterazioni dell’ST e dell’onda T che simulano una cardiopatia inesistente.
Per fare il punto su questi problemi, nelle pagine che seguiranno abbiamo riportato la sintesi di alcuni lavori recenti che affrontano il tema della diagnosi differenziale tra alterazioni normali e patologiche nell’ecg dell’atleta.



BIBLIOGRAFIA
1)    Pelliccia, Maron BJ, Culasso F, Di Paolo FM, Spataro A, Biffi A, Caselli G, Piovano P. Clinical significante of abnormal electrocardiographic patterns in trained atlete. Circulation 2000; 102: 278-284

2)    Peliccia A, Di Paolo FM, Quattrini FM et al. N Engl J Med 2008; 358: 152-161
3)    Magalski A, Maron BJ, Main ML et al. Relation of race to electrocardiographic patterns in elite American football players. J Am Coll Cardiol 2008; 51: 2250-2255
4)    Migliore F,  Zorzi A , Michieli P et al,
5)    Maron BJ, Doerer JJ, Haas TS, Tierney DM, Mueller FO. Sudden death in young competitive atlete. Analysis of 1866 deaths in United States, 1980-2006. Circulation 2009; 119: 1085-1092
Corrado D, Pellicia A, Bjornstad HH, Vanhees L, Biffi A, Borjesson M, Panhuyzen-Goedkoop N, Deligiannis A, Solberg E, Dugmore D, Mellwing KP, assanelli D, Delise P, van Buuren F, Anastasakis A, Heidbuchel H, Hoffmann E, Faghard R, Priori SG, Basso C, Arbustini E, Blomstrom-Landqvist C, McKenna WJ, Thiene G. Cardiovascular pre-partecipation screening of young competitive atlete for prevention of sudden death: proposal for a common European protocol.  Eur Heart J 2005; 26: 516-5




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